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Sempre in nome della legge (seconda parte)


di pinkoepallina
07.03.2024    |    6.456    |    13 9.6
"Sapere di essere così desiderata da una persona del suo stesso sesso era in quel momento più gratificante ed erotico che esserlo da un uomo, accadimento che..."
SECONDA PARTE

ESORTIAMO I NOSTRI LETTORI A NON PROSEGUIRE SENZA AVER LETTO LA PRIMA PARTE DEL RACCONTO. FACENDOLO, NON ACQUISIREBBERO QUEGLI ELEMENTI NECESSARI A COMPRENDERE PERFETTAMENTE L’INTERA VICENDA.

La Gambardelli passò le giornate successive ad interrogarsi se fosse opportuno non tornare sull’episodio e lasciare tutto come stava, cercando di dimenticare, o affrontare la situazione ed in qualche modo risolverla.
I “pro” comprendevano la possibile scoperta di una sessualità nuova, più completa, più seducente ed una sua eventuale applicazione pratica che poteva concretizzarsi con calma, nel tempo, magari insieme al marito. In fondo erano ancora giovani e molto attraenti tutti e due.
I “contro” erano rappresentati dalla sua posizione all’interno del Commissariato, dal fatto che il brigadiere Gargiulo era una sua sottoposta e dalle complicazioni a cui questo rapporto poteva andare incontro, sia sul piano personale che su quello professionale. Senza contare lo scandalo, se si fosse venuta a sapere una cosa del genere.
Però, come per il Conte Ugolino “poscia più che il dolor, potè il digiuno”, per Patrizia “poscia più che il timor, potè l’intrigo”. Certi avvenimenti sono scritti nel Destino.
Convocò la collega e le disse: “Senti Pina, per mia natura non amo lasciare sospesi, per cui vorrei chiarire quei momenti ‘strani’ dell’altra sera, qui però non mi sembra la sede giusta. Facciamo così: visto che mio marito è ancora all’estero, vieni stasera a casa mia, mangiamo qualcosa e ne parliamo con calma, lontane da orecchie ed occhi indiscreti”.
“E’ un ordine, Commissà?” replicò l’altra ridendo. “Certamente, brigadiere”. “Ed allora non posso esimermi! Dove abita lo so, ci vediamo stasera alle nove”.
Al suono del campanello la Gambardelli si trovò davanti, una volta aperta la porta, un’altra persona, la quale esclamò: “Buonasera, signor commissario, le porgo i miei rispetti”.
“Pina, ma che hai fatto? Sembri una modella! Trucco, scollatura, minigonna… tacco 12, devi sedurre qualcuno?”
“Esattamente. Proprio te. Patrì, sarebbe ora che tirassi giù la maschera!” replicò, passando rapidamente dall’ingresso al salotto e dal “lei” formale al “tu” confidenziale: “Lo so bene perché mi hai invitata, così ho deciso di affrontare la situazione di petto, senza preamboli, senza fronzoli. Mi piaci, mi piaci da impazzire e dopo quello che è successo venerdì sera, non mi sembra che io ti sia indifferente, almeno da come sospiravi”.
“Ma che dici, io…”
“Taci e guardami bene”, disse aprendo ancora di più la scollatura ed andandole incontro spavalda: “Mi sono messa così per te, per cercare di esserti pari in bellezza, per meritarti, per avere una chance che fino a pochi giorni fa mi sembrava impossibile”.
Fece ancora due passi in avanti e le arrivò a ridosso, di fronte, ma mentre lei avanzava, l’altra indietreggiava, finché non arrivarono in prossimità della parete.
“Giù la maschera... faccia da monachella” ripeté Pina con tono vagamente minaccioso: “Mi ci gioco la testa che tu …”
“Che io cosa?” chiese Patrizia, ormai spalle al muro in tutti i sensi. Fu in quel momento che si accorse che Pina aveva degli occhi lucenti, profondi, di un colore blu intenso, come gli zaffiri.
“Che tu… tu… sei troppo bella, e adesso ho la certezza che in fondo mi desideri!”. Tentò di baciarla, premendo la sua quarta naturale sul seno dell’altra.
Pina non mollava la presa e sebbene Patrizia tentasse di divincolarsi in tutti i modi, percepiva che era ormai prossima alla resa: il respiro le stava diventando affannoso ed il suo sguardo, non più da “commissario”, era cambiato, molto più dolce rispetto alla quotidianità lavorativa, che necessitava rigore.
Era molto turbata, soprattutto dall’eccitazione dell’altra e si stava eccitando parecchio anche lei.
Sapere di essere così desiderata da una persona del suo stesso sesso era in quel momento più gratificante ed erotico che esserlo da un uomo, accadimento che lei considerava normale.
La sua resistenza a quel punto divenne solo di facciata. Cercò di resisterle ulteriormente, ma non c’era verso.
Ormai vinta, si abbandonò.
Chiuse gli occhi, piegando leggermente la testa da un lato, dischiuse le labbra, gliele porse e si unirono in un bacio che le sembrò il seguito di quello della sera “galeotta”, come se non si fossero mai staccate.
Ritrovò così quella lingua vellutata, deliziosa, ed ancora più deliziosa fu la sensazione nell’accettare le prime carezze, che davano ufficialmente il “la” a quella partouze di sesso saffico tanto bramata dalla Gargiulo: un sogno che si avverava, letteralmente.
Lei cominciò a spogliarsi per prima: rivelò un fisico curatissimo, dalle proporzioni perfette e dalle rotondità armoniose, molto al di sopra di quello che ci si potesse aspettare vedendola in divisa o negli abiti mai attillati e piuttosto anonimi che indossava fuori servizio.
Passate in camera da letto in un lungo abbraccio furioso, dopo essersi lasciate dietro una scia di indumenti, si adagiarono sul talamo, continuando con una serie di baci bollenti e di carezze peccaminose su seno e basso ventre.
Cominciarono quindi a percorrere con la lingua quei corpi che si stavano offrendo reciprocamente con grande slancio, fisico ed emotivo.
Patrizia la baciava ovunque, tranne che sulla vagina, che era invece ciò che Pina anelava di più e che stava cercando di farle capire in tutti i modi.
L’aveva compreso benissimo, Patrizia, ma stava deliberatamente rimandando il momento con una punta di sadismo. Un po’ per vendicarsi di quell’assalto imprevisto, un po’ per portarla al parossismo e farla proprio urlare di piacere, ma a tempo debito, ovvero nel momento in cui lo avrebbe stabilito lei.
Quando decise, arrivò al punto che dovette smettere per un attimo, per timore che i vicini sentissero le urla e che qualcuno arrivasse a bussare alla porta per chiedere cosa stesse succedendo.
Pina era fuori di sé, sembrava mirasse solo al sesso, non le interessava altro se non quello che stava facendo, con il massimo del trasporto.
All’improvviso le prese la testa fra le mani che, stringendosi per il piacere intenso che provava, si trasformarono in pugni pieni di capelli.
Quella presa le dava un’eccitazione particolare, un senso di possesso, di dominazione, ma la infiammava ancora di più vedere finalmente nella partner un immenso coinvolgimento, dopo una vita passata a ricamarci su.
In quel momento lasciò scivolare una mano verso la sua intimità e prese a masturbarsi, coadiuvando la lingua di Patrizia ed accelerando in quel modo il suo primo, fantastico, orgasmo.
Poi volle ricambiare quel sapiente lavoro e così, con una decisa e veloce rotazione si posizionò perfettamente per eseguirlo in contemporanea, in un inebriante sessantanove.
Intanto, si continuavano a toccare fin dove era possibile raggiungersi.
Era lampante la particolare predilezione che Pina avesse per quel tipo di rapporto, vista la naturalezza con la quale si muoveva, toccando sempre i punti giusti, indovinando le aspettative nel momento esatto: una prerogativa non da tutte.
Mostrando anche grande esperienza, infilò l’intero medio della mano destra nell’altra vagina, mentre la leccava. Un gesto che veramente poche donne, ed anche pochi uomini in verità, sanno sincronizzare alla perfezione come sapeva fare lei.
Quel dito arrivò talmente dentro da permettere alla parte interna della base del pollice l’assai gradito sfregamento di un clitoride già gonfio per le numerose sollecitazioni ricevute.
Patrizia si contorse letteralmente per il piacere e venne a sua volta.
La tirarono avanti per molto tempo, guardandosi negli occhi con trasporto, passione, complicità e fu la “forbice” a gambe incrociate, dopo un forcing esasperante sesso contro sesso, a portare entrambe all’apice del godimento per il secondo orgasmo, questa volta insieme e con grande fragore.
Sconvolte, si lasciarono andare ad un breve riposo rigenerativo, dopodiché i rispettivi stomaci cominciarono a farsi sentire, per fortuna la cena era pronta da un pezzo.
L'accaduto era stato per Patrizia un fuori programma, forse ipotizzato, forse sperato, ma comunque di incerta realizzazione.
Finita la cena, guardando l’orologio, propose: “Pina, stavo pensando… si è fatto tardi, vuoi fermarti qui, stanotte? Mi farebbe piacere, oltretutto domani devo portare la Clio alla Renault e lasciarcela per il tagliando. Tu potresti seguirmi, prelevarmi, e poi al Commissariato ci andiamo insieme. Sei venuta in macchina, no?”
“Certo, con la mia Cinquecentina nuova, l’ho ritirata un paio di settimane fa. Va bene, però prima di recarci al lavoro passiamo a casa mia, voglio cambiarmi d’abito. Ti immagini presentarmi come stasera? Uno shock generale!”
“Ok, ovviamente. Però li stenderesti tutti!” Risero divertite.
L’indomani mattina, come da programma, Patrizia lasciò la sua auto in officina e si accomodò in quella della collega. Nemmeno il tempo di avviarsi ed ecco la suoneria di un cellulare, subito “catturata” dal bluetooth della vettura.
Dagli altoparlanti, la voce di un uomo: “Buongiorno Pina, bella cuginotta mia! Allora, non mi hai più richiamato, come è andata? L’altra sera, quando vi ho visto nella Clio nel posto che mi avevi comunicato, ho capito che eri riuscita a sabotare il furgone, staccando il cavo elettrico del sensore che regola la quantità di aria da mandare al motore, come ti avevo consigliato. Staccare quello della batteria sarebbe stato banale e facile da scoprire, alimentando sospetti.
Se il Ducato fosse partito, come giustamente mi facesti notare, per usare le sue apparecchiature avreste dovuto rimanere nel cassone, nascoste alla vista, e tu non avresti mai avuto il pretesto per promuovere un contatto fisico con quel bel figone della tua “Capa”.
A proposito, hai visto che ceffi Alfredo ed io? Hai visto come ci eravamo conciati? Sembravamo veramente due guardaspalle mafiosi! Ma dimmi, dimmi, sei poi riuscita a scopartela?”
FINE
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